Psicofarmaci amici o nemici?

12.08.2022

Lo stato dell'arte attuale con i suoi incessanti sviluppi in ambito psicobiologico ha apportato innovazioni nella comprensione dei meccanismi neurobiologici che sottendono al comportamento "normale" e "patologico" ottenendo grandi successi anche in ambito farmacologico con la scoperta di nuove molecole ad azione sempre più specifica e con sempre minor effetti collaterali.

Questi successi, tuttavia, non possono e non devono essere disgiunti dall'efficacia e dagli sviluppi di tipo psicoterapeutico.

C'è chi rifiuta tout court gli psicofarmaci considerandoli temibili avversari e tra i peggiori nemici, c'è al contrario chi pensa che siano sostante miracolose in grado di far ridere chi piange, rilassare chi è agitato, svegliare chi è troppo apatico e così via... in realtà non solo non è così, ma è anche molto più complesso del previsto.

Quello che vorrei passarvi oggi, però, non riguarda strettamente la psicofarmacologia, riguarda più specificatamente la funziona di essa accomunata ad un percorso psicoterapeutico. Questo connubio permette un lavoro a trecentosessanta gradi, laddove sia necessario e la sintomatologia sia così accentuata da divenire limitante nella vita privata, relazionale e lavorativa della persona, dove è possibile sviscerare diversi aspetti andando a gestire anche la sofferenza più acuta e offrendole dignità.

Come sempre nella vita è necessario trovare il giusto equilibrio e il buon compromesso fra le due dimensioni, farsi guidare dai professionisti della salute mentale e provare assieme a fare un percorso il più condiviso possibile. La comunicazione e la comprensione reciproca tra psicologo-psicoterapeuta e psichiatra è probabilmente uno degli obiettivi maggiori da raggiungere per la buona riuscita del piano terapeutico.

Ho avuto alcuni pazienti che mi hanno confidando di procede con "autocure" al bisogno, con BDZ (benzodiazepine, che sono sostanzialmente degli ansiolitici) presi per necessità da prescrizioni di molti anni addietro. Questo esempio mi fa venire in mente che spesso non c'è un adeguata comunicazione che permette ai pazienti di spiegare come questo periodo di transizione è possibile affrontarlo con un sostegno organizzato e regolato, come sia più facile in terapia andare a lavorare con l'angoscia senza per forza sentirsi distrutti e come sia fondamentale la collaborazione delle due figure affinché la farmacoterapia sia mirata a rispondere a quella persona: la sua storia, le sue paure, il suo comportamento, le aspettative, tutto ciò non può e non deve esulare dalla conoscenza psicoterapeutica e dal percorso di terapia che via via va instaurandosi grazie all'alleanza terapeutica stessa.

L'importanza di una corretta informazione da parte degli operatori sanitari e dei cittadini riguardo agli psicofarmaci è necessaria; al di là dell'importante questione dell'uso e talvolta abuso delle sostanze, c'è tutta una questione inerente alla dicotomia farmaco amico o nemico. Tuttavia, tutte le sostante che immettiamo nel nostro corpo tendono a creare una qualche modificazione, importantissimi studi addirittura sono stati fatti per quanto concerne placebo e nocebo a prova di quanto anche la nostra mente giochi un ruolo fondamentale nell'assimilazione e nell'accettazione della sostanza e di fattori psicologi che possono influenzare la risposta al trattamento psicofarmacologico, certamente la giusta via richiama ad un equilibrio fondamentale ed una fiducia nei professionisti che non è né adorazione alla ricerca di una soluzione definitiva, ne onnipotenza nella risoluzione completa del problema.

Per ogni sofferenza che accusiamo, psichicamente ma anche fisicamente, c'è la necessità di affidarsi e fidarsi a qualcuno con cui lavorare sodo, con motivazione, impegno e costanza al fine di poter raggiungere in un tempo più o meno indeterminato un obiettivo comune e acquisire strumenti che possono offrire un cambiamento pratico e sostanziale nella vita dell'individuo.

Quindi non risolviamo i nostri problemi solo con gli psicofarmaci perché con l'attenuazione del sintomo e basta non c'è un lavoro verso la risoluzione di conflitti intrapsichici e di concause e variabili che generano la sintomatologia. Al medesimo modo talvolta, non sempre, non è possibile lavorare solo in una dimensione terapeutica laddove il dolore e la sofferenza divengono confini netti e limitazioni nella relazione psicoterapeutica. Ogni caso è naturalmente a sé stante e le decisioni vengono prese assieme al paziente, valutate le varie opzioni e discusse coi professionisti mettendo in luce i vari punti a favore o a sfavore.

L'argomento psicofarmaci è complesso, articolato, necessiterebbe di un ampio spazio che spero di poter dedicare in futuro, mi premeva però sensibilizzare quantomeno sull'importanza che ogni cosa ha il suo corredo di sfumature e non possiamo permetterci di vedere tutto bianco o tutto nero, tutto buono o tutto cattivo, tutto amico o tutto nemico.

Affidatevi ai professionisti e fidatevi di ciò che avvertite nella relazione. E' un viaggio che si fa necessariamente insieme. 

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