Mindfulness e Psicoanalisi

04.11.2022

Per Mindfulness s'intende un'attenzione volontaria, non giudicante e amorevole, rivolta all'esperienza presente. Le caratteristiche della Mindfulness sono, quindi, essenzialmente quattro.

  • Innanzitutto è un'attenzione che richiede uno sforzo di volontà e quindi significativamente diversa dalla tendenza automatica al vagare mentale o al rimuginare su problemi passati o futuri.
  • In secondo luogo è un'attenzione alla dimensione del presente, senza che si cerchi di evocare o suscitare alcunché.
  • La terza caratteristica è che si tratta di un'attenzione non giudicante.
  • Infine, la quarta peculiarità di quest'attenzione volontaria va sotto il nome di Loving Kindness, cioè un' apertura gentile ed accettante l'esperienza presente in modo da riuscire a stare anche con quelle esperienze ( come il dolore ) che risultano inaccettabil.

Infine va segnalato, perché sovente fonte di ambiguità, che con il termine Mindfulness si intende sia una pratica meditativa specifica, sia una attitudine psicologica universale: un "tratto" introspettivo presente in ogni essere umano, la mindfulness concerne sia una pratica informale (coscienza in ogni momento delle attività quotidiane della nostra vita come camminare, cucinare, lavarsi i denti, fare la doccia) sia una pratica formale che si caratterizza di esercizi meditativi graduali. E' quindi bene precisare un punto fondamentale, la pratica meditativa, al pari di una ginnastica specifica, mirerebbe a implementare qualcosa che come un muscolo è quindi già presente nell'essere umano. Ne deriva che così come vi possono essere soggetti che possono disporre per loro natura di un alto livello Mindfulness e soggetti anche con pratiche meditative assidue non svilupperanno mai alti livelli Mindfulness.

Da un paio di decadi la comunità scientifica mostra un interesse esponenzialmente crescente per la Mindfulness tanto che sotto questa voce su Pub Med sono recensite oltre 700 pubblicazioni. Tuttavia essa esiste da oltre 2000 anni e ha origine nella cultura orientale buddista. "Mindfulness" corrisponde alla traduzione inglese, operata nel 1921, della parola sati in lingua pali ed indica "piena consapevolezza". Il pali è la lingua nella quale sono stati originariamente riportati gli insegnamenti del Buddha e la Mindfulness, ovvero la piena consapevolezza, rappresenta uno tra gli assunti meditativi buddisti, in particolare nel buddismo Theravada.

Negli anni moltissimi studiosi hanno cercato di studiare i benefici della mindfulness sul nostro cervello, molti neuroscienziati hanno collaborato a ricerche che hanno rivoluzionato il mondo della psicoterapia che adesso trova un sostanziale alleato nello strumento meditativo della Mindfulness, tra questi: Francisco Varela; insieme a lui un folto numero di neuroscienziati e psicologi di fama mondiale hanno partecipato in questi anni alle attività di Mind and Life : Daniel Goleman, Joyce Mc Dougall, Antonio Damasio, Richard Davidson, Michel Bitbol, Daniel Gilbert, M.W. Edelman, Zindel Segal, Jon Kabat-Zinn, John Teasdale, Bennett Shapiro e altri ancora. Mind and Life organizza grandi conferenze annuali tra scienziati e religiosi alla presenza dello stesso Dalai Lama; gli atti di parte di queste conferenze sono stati poi traslati in libri, alcuni dei quali hanno avuto titoli molto esplicativi, ad es.: Train your Mind, Change your Brain, oppure The Science and Clinical Applications of Meditation. Infine, Mind and Life ha collaborato in questi anni con le più importanti università statunitensi ( Harvard, M.I.T., ecc. ) finanziando direttamente ricerche sulla meditazione.

Jon Kabat-Zinn, un professore di biologia molecolare vicino al mondo buddhista e buon conoscitore di pratiche yoga e di meditazione, iniziò ad ospitare alcuni pazienti oncologici o affetti da dolore cronico e ad invitarli a praticare meditazione e yoga. I risultati sembravano promettenti e Kabat-Zinn, al quale presto si affiancò un professore di medicina interna di origini italiane, Saki Santorelli, manualizzò e standardizzò il proprio metodo realizzando il Mindfulness-Based Stress Reduction ( M.B.S.R. ).

Nel 1982 fu pubblicato il primo studio controllato circa l'efficacia dell'MBSR sul dolore cronico: da allora ad oggi una innumerevole messe di ricerche cliniche controllate ha avuto come strumento l'MBSR il cui campo di applicazione si è progressivamente esteso sia nell'originario ambito medico che a quello psichiatrico e psicologico. L'MBSR è, inoltre, alla base della maggior parte degli studi di brain imaging concernenti le modificazioni cerebrali prodotte dalla Mindfulness.

Ebbene, ora che abbiamo dimostrato la valenza della mindfulness all'interno della comunità scientifica, ci chiediamo come però essa possa accomunarsi alla grande madre psicoanalisi. A priva vista la psicoanalisi sembrerebbe esclusa dalla sfera Mindfulness, sfera che sembrerebbe appannaggio esclusivo dei cognitivisti.

Non è assolutamente così. Non lo è fin dagli esordi dell'analisi classica, anche se è doveroso aggiungere che la gran parte degli analisti non ne è mai stata consapevole: "la psicoanalisi senza saperlo è stata piuttosto orientale nei suoi aspetti tecnici e occidentale nei suoi aspetti teorici" (E.Servadio, 1987). Quest'orientalità tecnica che Servadio ravvisava corrisponde sostanzialmente alle modalità con cui la Mindfulness è praticata. "Se le istruzioni fornite dalla Mindfulness sono estremamente succinte, altrettanto succinte furono le indicazioni di Freud sulla tecnica analitica: poche decine di pagine tra le migliaia degli scritti freudiani ma che contengono l'anima inconsapevolmente Mindfulness della tecnica analitica [...]. In analisi si può dire in generale che il cambiamento del paziente dipende dal cambiamento del terapeuta. Nel nostro caso l'atteggiamento di piena consapevolezza del terapeuta anticipa e promuove nel paziente la capacità di stare nel presente. Per il paziente, scrive Wallin, assumere un atteggiamento di piena consapevolezza può essere utile sotto innumerevoli punti di vista: può facilitare la sua integrazione, la sua regolazione emotiva, il suo percepire una base sicura internalizzata, può diminuire le sofferenze autoimposte, incrementare la conoscenza di sé, ridurre l'ansia, sganciare dagli automatismi e, stando ad uno studio di Fonagy ( 2002 ), rafforzare la capacità di mentalizzare. " (Graziani, 2014).

I fondamenti della pratica della mindfulness sono: non giudizio, accettazione, mente del principiante, attenzione sul momento presente, non cercare risultati, provare ad andare incontro alle proprie paure per non far vincere l'evitamento, maggior beneficio in ogni ambito della vita, lavorare sul "come se" con i propri pensieri e capire che non siamo i nostri pensieri. Questi anche alcuni dei fondamenti della psicoanalisi.

Mindfulness e psicoanalisi, infatti, negli ultimi anni lavorano a stretto contatto in diversi setting, che sia individuale, di coppia o di gruppo, sia su bambini, che adolescenti o adulti. La mindfulness come strumento e la psicoanalisi come approccio tendono a non andare alla ricerca di risultati e non predisporsi obiettivi di raggiungimento in precedenza. Diversamente da quanto si può pensare, un percorso basato sulla mindfulness non si concentra sulla risoluzione di un sintomo o di un comportamento, così come del resto, anche le psicoterapie a stampo psicoanalitico. Sia la pratica analitica che quella meditativa sollecitano la visione del fruire mentale e il non attaccamento ai suoi contenuti, un processo di disidentificazione o di defusione dal proprio mentale (G.Graziani, 2014). Dopo gli scritti di E.Servadio, due analisti ignari l'uno del lavoro dell'altro ma entrambi di fede buddhista, Nina Coltart e Mark Epstein, hanno scritto pagine molto belle sui rapporti tra meditazione e psicoanalisi. Alcuni autori contemporanei vicini non al mondo buddhista ma alla teoria dell'attaccamento destano invece estremo interesse - in particolare un giovane analista californiano, David Wallin.

Essendo operatrice Mindfulness e scoprendo i benefici di essa nel disturbo da ansia e stress ho deciso di provare ad integrare delle sessioni di mindfulness gradualmente all'interno del setting. La medicina comportamentale riconosce l'impossibilità di scindere il corpo e la mente e di come lavorando su entrambi i fronti sia possibile raggiungere risultati ottimali e duraturi. Nelle ricerche pocanzi esplicitate molti neuroscienziati hanno stabilito che i pensieri e le emozioni sono realmente interconnessi con la fisiologia del corpo, aspetto che è stato messo in evidenza anche dalla neurofenomenologia.

Moltissima strada c'è ancora da fare, ma l'accesso al simbolico  e ciò che scaturisce dalle visualizzazioni guidate mi permette di comprendere come questa strada, unitamente agli strumenti tradizionali della psicoanalisi, sia la strada elettiva del lavoro con alcuni pazienti. Naturalmente come dicevamo prima la Mindfulness non è per chiunque e bisogna porre attenzione quando viene proposta e soprattutto ai casi specifici, fondamentale anche ricordare come la mindfulness non è e non sostituisce una terapia, non è una cura, ma uno strumento per la cura all'interno di u approccio clinico (se inserita in un contesto clinico) che supporta la psicoterapia.

Non diversamente si espresse Jung a più riprese. Corrado Pensa, un analista junghiano, buddhista e praticante, si è espresso molto saggiamente in questi termini: "lungo il cammino meditativo il rischio di autoinganno è molto elevato [...] una buona psicoterapia può rendere la pratica della consapevolezza più fondata, viva e perspicace. La meditazione a sua volta, può approfondire e accelerare notevolmente il processo psicoterapeutico"

Tale sinergia è emersa primariamente in uno studio (Kutz et al., 1985) che testimoniava significativi miglioramenti clinici in un gruppo diagnosticante eterogeneo di pazienti in terapia psicoanalitica, dopo che questi avevano completato il programma di 8 settimane MBSR (Mindfulness-Based Stress Reduction). Successivamente la ricerca fu replicata in studio controllato randomizzato da Weiss et al. (2010) i quali rilevarono come pazienti con disturbi d'ansia e depressivi trattati con psicoterapia analitica congiunta ad MBSR presentavano un miglioramento superiore al gruppo trattato unicamente con psicoterapia.

In accordo con quanto ipotizzato da Wallin circa l'uso della piena consapevolezza da parte dell'analista, non solo essa ridurrebbe lo stress emozionale del terapeuta e ne amplierebbe le capacità empatiche, così come testimoniato da uno studio controllato (Shapiro et al. 2005 ), ma vi sarebbero evidenti ricadute positive anche sui pazienti, sulla relazione e sull'alleanza terapeutica. 

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