Lo stress negli operatori sanitari 

20.06.2022

"Che cos'è il dolore dei curanti? Il dolore dei curanti è una sofferenza esistenziale, lenta, continua e progressiva, che nasce dal continuo e incessante contatto col dolore dei malati, che è un dolore composito, poliedrico, dai mille aspetti. È il dolore della realtà della morte, della menomazione, della paura del male fisico, della solitudine, dell'impotenza, della perdita dell'autonomia, della separazione degli affetti, della vita che non è e forse non sarà più quella di prima e che non ti piace più. Un dolore che si costituisce di tanti dolori, che si accanisce, che riesce a inventarsi crudeltà [...]"come ci racconta questo medico anestesista.[1]

Come viene specificato nel Manuale operativo di primo soccorso psicologico nelle maxi emergenze e nei disastri: "I criteri di massima affermano chiaramente la necessità di una valutazione a priori del rischio psicofisico per gli operatori di soccorso e di un loro costante monitoraggio al fine di individuare segnali precoci di stress" (Pietrantoni, Prati, Palestini, 2008)[2]. "Anche chi assiste agli altri ha bisogno di essere curato. Ai soccorritori, i medici e gli infermieri in 118, in automedica, in elisoccorso, in pronto soccorso e nella shock room dell'area rossa, non vengono presentati i casi "preconfezionati" degli ambulatori, non ci sono situazioni stabilizzate, ma spesso situazioni nude e crude di vite altrui in un attimo distrutte, la tragedia cosi com'è senza edulcorazioni, senza addolcimenti, la vita reale appesa a pochi secondi e molte manovre.

In due anni di pandemia medici, infermieri e altri operatori sanitari hanno accumulato stress, paura, stanchezza, ansia e in moltissimi si sono rivolti ai servizi di assistenza psicologica messi in piedi dagli ospedali e dalle ASL, "Si stima che un quinto di loro abbia avuto almeno un contatto, magari telefonico, con psichiatri e psicologi" La Repubblica, 10 Febbraio 2022.

Il Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi pubblica il 22 gennaio del 2022: "21 Società Scientifica chiedono misure straordinarie e strutturali per garantire assistenza psicologica e psicoterapica" centrando la propria attenzione su un quadro integrato di misure in cui uno dei punti fondamentali è proprio: "[...] l'attuazione delle funzioni aziendali di psicologia di cui all'art.20 bis della legge 176/2020, per garantire l'efficienza organizzativa e la trasversalità dell'assistenza psicologica dalle case di comunità all'ospedale, rivolta anche ai problemi degli Operatori sanitari (stress, burnout, clima organizzativo, ecc.), e reclutamento di un numero adeguato di psicologi-psicoterapeuti, oggi ampiamente carenti; [...]"[3]. L'Osservatorio Nazionale delle Buone Pratiche sulla sicurezza nella Sanità ha avviato un progetto di supporto orientato bidimensionalmente ai cittadini e agli operatori sanitari al fine di alleviare lo stress e prevenire la traumatizzazione . Per gli operatori sono stati organizzati incontri in miniequipe (4 operatori) rivolti a tutti gli operatori dei reparti Covid, di urgenza ed emergenza e di Pronto Soccorso. Inoltre è stato messo a disposizione sempre per li stessi, un servizio di consulenza e supporto telefonico attivo dal lunedì al venerdì due ore al giorno con un numero dedicato. Sono stati effettuati un totale di 87 incontri con operatori suddivisi in gruppi di lavoro per la supervisione. Gli operatori che hanno partecipato sono in totale 308 (250 infermieri; 18 medici; 40 oss.). Le metodologie utilizzate sono state diverse: debriefing (in 59 gruppi), intervento di self compassion (in 20 gruppi), EMDR di gruppo (in 11 gruppi), EMDR individuale (con 2 operatori),installazione del posto al sicuro (in 5 gruppi), potenziamento delle risorse mediante il disegno dell'albero della resilienza dell'équipe (in 5gruppi), intervento di stabilizzazione (in 6 gruppi). [4]

Possiamo ora riflettere su due aspetti fondamentali che spiegano il motivo per il quale ci ho tenuto a trascrivere questo progetto e ad inserire alcune testate giornalistiche. Di progetti partiti successivamente alla pandemia ce ne sono a centinaia. Il primo aspetto che sottolineiamo è che prima dell'Emergenza si parlava pochissimo del sovraccarico degli operatori sanitari in area critica, abbiamo avuto bisogno di una pandemia che colpisse il mondo intero per renderci conto che dietro i ruoli professionali ci sono esseri umani con la loro costellazione fenomenica di vite a carico. Secondo aspetto, non meno importante, che la maggior parte dei progetti sono esattamente come questo, orientati cognitivamente secondo un approccio breve e supportivo. Ringraziando tutti i colleghi impegnati in ogni singola consulenza di aiuto e supporto offerta alla comunità e agli operatori tutti, mi viene da chiedermi perché non i gruppi dinamici di supervisione, perché non gli interventi orientati analiticamente, perché la psicoanalisi faccia ancora tanta fatica ad entrare nel tessuto di SSN e in ambito emergenziale avendo a disposizione ogni capacità di comprendere nella medesima persona: l'essere umano che ogni giorno si alza per andare a lavorare, il professionista che quotidianamente cerca un controllo per non colludere emotivamente coi pazienti, il bambino interiore impaurito e sovraccaricato che cerca uno sfogo, l'ombra di ciò che si nasconde nella difesa.

Una delle esperienze di gruppo durato anni all'Ospedale di Ancora e seguito da una psicologa dell'emergenza e psicoterapeuta ad orientamento analitico è stato il lavoro della Cannizzaro (2011) che in merito al gruppo di supervisione con operatori sanitari in area critica: "Lavorare con il gruppo, con questo gruppo dell'emergenza sanitaria, è qualcosa che mi ha profondamente messo in discussione [...] Percepivo che tra le persone esistevano degli affetti che spesso venivano male organizzati e dunque mal interpretati. Volersi bene a volte era visto come un segno di debolezza, mostrare agli altri le proprie fragilità intollerabile. [...] Il gruppo rappresentava il nodo, la vera sfida, il punto. [...] erano loro insieme da domare per renderli partecipi e mansueti è un gioco di parole nel quale il simbolico acquistava potenza per arginare ogni dramma vissuto, lacrima, spasmo, parole non dette, emozioni strozzate, crisi di panico, lotta, conflitti, aggressività devastante, rabbia, tenerezza, passione, profondità, solitudine."[5]

Lavorare in un gruppo in cui si è tutti soccorritori agevola meccanismi di rispecchiamento introducendo una logica di scambio e di comprensione dello stesso punto di vista. A questa fase di riconoscimento si affianca una fase di diversificazione, in cui la soggettività di ognuno marca le sfumature che promuovono il soggetto nella sua singolarità. C'è un passaggio, quindi, dalla monosintomaticità alla soggettivazione in cui una rettifica soggettiva fa sì che il sintomo e la sofferenza di cui tutti ne sono protagonisti, ha però cromature differenti e che sono le stesse del perché quell'operatore reagisce in un modo piuttosto che ad un altro ad un intervento specifico.

Dal punto di vista emotivo e cognitivo il carico da sopportare in situazioni estreme può compromettere la concentrazione, l'attenzione e la memoria, la stima e l'efficacia, un senso di fallimento e di rabbia inspiegabile che si ripercuote nell'operato e nella relazione coi pazienti o al ritorno a casa dal lavoro. Gli operatori sanitari in area emergenziale dichiarano spesso problematiche legate al sonno, al senso di riposo, all'agitazione notturna e ai livelli di adrenalina e cortisolo che rimangono alti durante la giornata e spesso vengono mantenuti duranti i turni notturni, l'infelicità, il pianto apparentemente immotivato.

Tutti questi sintomi sono riconducibili anche alla sindrome da Burnout che nel maggio del 2018 è finalmente riconosciuta come sindrome, e come tale elencato nell'11° revisione dell' 'International Classification of Disease (ICD), il testo di riferimento globale per tutte le patologie e le condizioni di salute. Secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) è una sindrome derivante da stress cronico associato al contesto lavorativo caratterizzata, oltre ai sintomi sopra descritti, affaticamento perenne, delusione, logoramento e improduttività, uno stress cronico mal gestito in cui nessuno è intervenuto. A pagarne le conseguenze non sono solo i lavoratori, sono le famiglie che li aspetto a casa, i colleghi con cui si confrontano, i pazienti che ogni giorno incontrano e tutto il Sistema Sanitario che non ha adeguata forza lavoro produttiva in quanto è composto da risorse logorate.

Di questa situazione allarmante se n'è fatto carico, come prima preannunciato, l'Ospedale di Ancona in cui la dottoressa Giorgia Cannizzaro, psicologa psicoterapeuta di formazione analitica ed esperta in psicologia dell'emergenza sanitaria e nell'intervento psicologico nell'emergenza e negli eventi critici, a condotto uno studio di supervisione di gruppo per molti anni e ha specificato la situazione vissuta sia dal punto di vista clinico sia dal punto di vista degli operatori come membri supportati nel gruppo di supervisione. Questo studio italiano unico ed eccezionale ha visto finalmente l'innescarsi di quella fluente danza tra psicoanalisi e aria critica emergenziale. Gli incontri di gruppo sono iniziati attraverso la compilazione di questionari preparati per l'occasione dalla psicoterapeuta per poter indagare il clima gruppale, la percezione del gruppo dei dirigenti e il modo di percepire loro stessi in ambito professionale. Oltre alla supervisione di gruppo c'era la possibilità di prenotarsi per colloqui privati in cui venivano riascoltate le chiamate di emergenza e si rifletteva insieme su alcuni punti. Il gruppo era semiaperto, tutti potevano accedere in qualsiasi momento lo volevano: "ovviamente i colloqui con il personale non sono colloqui clinici in senso stretto, infatti la loro finalità non è quella di aiutare i soggetti a sapere qualcosa di più sulla propria patologia o sul proprio malessere, non ha una finalità diagnostica né psicoterapeutica. La loro finalità, è di dare un ordine simbolico ad un eccesso di "reale" [...] Per la società, il soccorritore ha una funzione simbolica; è colui che si reca sul luogo del caos e agisce simbolicamente per circoscriverlo. Ma chi circoscrive il caos del soccorritore? Chi, o cosa è in grado di riportare il Cosmos nella sua vita? Il colloquio tenta questa strada e si pone l'obiettivo di ristabilire le coordinate che potrebbero essere state perse nell'incontro con la realtà eccessiva per essere metabolizzata. [...] Voglio che lavorino sul perché sono qui, il 118, voglio che sappiano scapparne se il carico diventa troppo angosciante, voglio che imparino a fermarsi a pensare, voglio che il dramma non diventi normale ma normalmente gestibile. Voglio che non si abituino al dolore, la tragedia, i drammi feroci che si insinuano nella vita delle persone, voglio che siano capaci di sentire sempre, non li voglio assuefatti."[6]


[1] Venturino M.,Medico anestesista, scrittore; in Psicologia dell'emergenza sanitario 118 (2011)

[2] Pietrantoni L., Prati G., Palestini L. Il primo soccorso psicologico nelle maxi emergenze e nei disastri - un manuale operativo (2008) - Clueb Editore

[3] https://www.psy.it/21-societa-scientifiche-chiedono-misure-straordinarie-bonus-e-strutturali-per-garantire-assistenza-psicologica-e-psicoterapica.html

[4] https://www.buonepratichesicurezzasanita.it/images/Covid-19/Documenti/AOS.CroceeCarle/ATTIVIT_DEL_TRAUMA_CENTER_PSICOLOGICO_.pdf

[5] Cannizzaro G. Opera come Psicologa 118 ed Elisoccorso. Psicoterapeuta analitica; cit. in Cannizzaro e Casali (2011).

[6] Cannizzaro G. Opera come Psicologa 118 ed Elisoccorso; Psicoterapeuta analitica. cit. in Cannizzaro e Casali (2011).

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