Gli effetti del trauma

25.05.2022

Quando parliamo di trauma in psicoanalisi facciamo riferimento ad un evento che se solo raffigurato prenderebbe le sembianze di una faglia. L'etimologia di trauma infatti, deriva dal greco e significa ferita, la rottura cioè di uno strato, in questo caso psichico, in precedenza più o meno omogeneo. Il trauma rappresenta quindi la conseguenza di uno, o più eventi, con caratteristiche tali da interrompere il normale flusso e la fluidità tra l'integrazione del vissuto da parte del soggetto e i suoi sentimenti, le sue emozioni in correlazione a tale evento, andando anche, qualora non si intervenisse repentinamente, a creare una cristallizzazione del comportamento reattivo del soggetto nel suo rapporto con la realtà esterna.

 Viene lacerato il guscio di protezione dell'individuo in modo improvviso, imprevedibile e violento capace di andare ad alterare le capacità di adattamento e il normale processamento delle funzioni di elaborazione ed integrazione di nuove esperienze. Sin dai suoi arbori sino all'attuale stato dell'arte, il trauma rappresenta qualcosa di non integrabile nell'equilibrio psichico della persona, minacciando la coesione, attaccando la coscienza e frammentando la coesione del Sé. Claude Borris afferma che il trauma rappresenta: " la catastrofe psichica per eccellenza" (Barrois, 1994, p.730)) e rappresenta in casi limite " la disappropriazione radicale delle potenzialità del soggetto" e più avanti definito come "l'insieme degli sconvolgimenti esistenziali consecutivi ad un incidente traumatico. .[...] Il trauma introduce una rottura del tempo psichico" (Ibidem). Esso quindi segna una seconda nascita del soggetto, o una morte psichica vista dall'altro punto di vista, in quanto si altera la modalità di esistenza precedentemente acquisita dal soggetto che si ristruttura in un nuovo modo di essere al mondo. Inoltre, viene a generarsi una faglia nella capacità di porsi in relazione non solo con il mondo ma con l'Altro in un incontro interpersonale autentico, perdendo le capacità di adattamento funzionale, di apprendimento dinamico e di acquisizione esperenziale fessibile.

Sul concetto di trauma è rimasto per molti anni aperto un dibattito sul fondamento reale o fantasmatico dell'evento o meglio specificato sull'ipotesi che l'evento in sé fosse accaduto dando vita ad un processo di traumatizzazione o se fossero delle idee, dei sentimenti, delle reazioni soggettive nella dimensione del fantasmatico a generare il trauma. La componente fantasmatica è stata suggerita da Freud che per primo aveva teorizzato il trauma come evento sessuale chiamandolo "seduzione", nella cura delle isteriche. Arrivato all'età di settant'anni Freud formula delle ipotesi sull'origine dell'angoscia. 

La distinzione nella genesi dell'angoscia segue tre differenti tipologie: l'angoscia che si instaura dinanzi ad un pericolo reale (Realangst); l'angoscia automatica scatenata da una situazione traumatica in cui l'Io si sente impotente (automatische Angst); l'angoscia come segnale scatenata da una situazione di pericolo nella quale l'Io è cosciente dell'imminente morte (Signalangst). Freud, in Al di là del principio di piacere, introdurrà il concetto di "schermo antistimolo" che protegge la "vescicola vivente" (metafora per simboleggiare l'apparato psichico) da eccitazioni non tollerabili. Quando questo schermo subisce delle lacerazioni profonde, si produce il trauma, esso è visto proprio come un afflusso di   eccitazione eccessivo rispetto alla tolleranza del paziente di poter elaborare psichicamente tali caratteristiche. È quindi fondamentale l'evento in sé, ma anche la sensibilità del soggetto.[1]

Altri autori contemporanei invece, come Van der Kolk, Correale, Bromberg, Gabbard e Ferencczi contemporaneo a Freud, proseguono nella direzione del trauma reale. Negli anni 90' in ambito inglese e americano c'è stato un vivo interesse nella comprensione della possibilità o meno di poter ricordare un trauma accaduto molto tempo prima e talvolta anche edulcorato da meccanismi di difesa per proteggersi dal dolore, relegato talvolta dalla coscienza tanto più se avvenuto in età infantile e quindi conservato nella memoria implicita. Quindi il lavoro psicoanalitico da fare non riguarda solo il rintracciare il trauma, ma far si che possa emergere in una memoria dichiarativa esplicita attraverso il verbale e ricostruire contorni di senso prima assenti.

Ferenczi definisce il trauma come: "processo di dissoluzione che va nella direzione della dissoluzione totale, cioè della morte. Il corpo, la parte meno nobile della personalità, oppone una più lunga resistenza ai processi di distruzione, l'inconscienza - intesa in questo caso dall'autore come inconsapevolezza relegata nell'inconscio - e la scissione psichica sono già segni della morte della parte più nobile della personalità" (Ferenczi, 1932, p.214). Ferenczi in accordo con il pensiero freudiano, descrive il trauma come un'emozione imprevista ed inattesa che giunge all'Io lasciandolo passivo, così Mangini descrive il pensiero ferencziano che risulta attinente, come vedremo, anche nel caso di Donatella, leggiamo: " [...] dinanzi allo schock, una parte dell'Io si scinde, fugge dalla realtà del trauma e si rifugia nella regressione comportandosi come se non fosse accaduto nulla. Una parte dell'Io invece sembra miracolosamente progredire (progressione traumatica patologica) [...]. La scissione pertanto coinvolge la parte emotiva, che rimane a livelli embrionali, e la parte intellettiva, divenuta lucida e acuta, che progredisce enormemente." (Mangini, 2003).

La posizione fenomenologica di Arthur Tatossian, qui condivisa appieno, mette in rilievo la presenza di una situazione traumatica che allo stesso tempo include la coesistenza di un fatto traumatico e di un fantasma traumatico. I fatti da soli non parlano, quindi necessitano di quel processo di fantasmizzazione, di elaborazione e di decodifica e a seconda della lettura e dell'impatto dell'evento sul soggetto e all'interazione di diverse variabili del caso, per poter parlare di trauma. La psicotraumatologia ci permette di comprendere come la vittima arrivi a stati di dissociazione dall'esperienza vissuta i quali si strutturano psicopatologicamente, in sintomatologia clinicamente rilevabile quanto invalidante per la vittima.



[1] Vedi in appendice di approfondimento " Freud, dall'isteria al trauma e la concezione della psicoanalisi"

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